GMG Panama: il racconto dei pellegrini cremaschi

Di ritorno dalla GMG di Panama, i pellegrini cremaschi condividono le proprie emozioni.

La gente. Ciò che più mi ha colpito di questa Gmg a Panama non è stato tanto il numero dei giovani presenti, né la miriade di colori che mi circondavano, né tantomeno le parole del Papa, seppure mi abbiano toccata e persino commossa, bensì la gente. Gente dal cuore più grande del portafoglio nel piccolo paese di Macaracas, dove siamo stati accolti nei giorni precedenti all’evento, e gente che pur abitando in lussuosissimi grattacieli ha dimostrato un’umiltà sconfinata nella città di Panama. Ho trovato due nuove famiglie di cui mi sento parte integrante, nuovi amici con cui ho stretto rapporti profondi e sinceri, ho sperimentato l’accoglienza e la fratellanza e ne ho compreso appieno il significato; ho sentito il calore dato non solo dalla temperatura, ma da un affetto pervasivo nato e cresciuto in pochi giorni. Ho apprezzato la cultura e le tradizioni locali, praticato la lingua e mi sono immersa nel clima multietnico e festoso di ogni Gmg. Ma soprattutto ho lasciato lì un pezzetto di cuore.

Marianna Lipani

 

Questa di Panama è stata la mia prima Gmg. Ho desiderato tanto partecipare e ho sperato proprio di riuscire a viverla. E ora, che mi trovo già di ritorno a casa, questa esperienza mi sembra ancora più emozionante di quello che mi aspettassi. Avevo bisogno di ricaricare le pile della fede e dell’entusiasmo, e mi si illuminano gli occhi al ricordo. Vivere i giorni delle celebrazioni con papa  Francesco e la notte della veglia è stata un’esperienza che lascia senza fiato: mille e mille giovani gioiosi da tutto il mondo, tutti riuniti in un unico luogo con tanti sogni, speranze e domande. Ha arricchito l’esperienza il vivere in famiglia. A Macaracas ho avuto la prima occasione di far parte di una famiglia. Penso alla giornata passata insieme al fiume, ai messaggi vocali in spagnolo ricevuti da Mimy, Fulvia e Maria per salutarmi e a quella porta aperta che mi ha riempito il cuore: sempre risuonano nel mio cuore le parole “mi casa es tu casa”. Poi penso alla famiglia a Panama, un’altra realtà e altri tempi organizzativi, giusto il tempo della colazione e dei saluti serali. Mi rimarrà sempre impresso il loro prendersi cura di noi, piccoli gesti semplici che fanno la differenza, come l’acqua fresca al mattino e la colazione. Ora, rigenerati dalla condivisione e pieni delle parole ascoltate, non possiamo che riportare il nostro “sì” nella vita di tutti i giorni. Abbiamo il coraggio, come Maria, di dare vita al sogno che Dio ha per noi?

Veronica Donarini

 

He aquí la sierva del Señor; hágase en mí según tu Palabra – Ecco la serva del Signore; avvenga per me secondo la tua Parola (Lc 1,38). Una Parola cara che da sempre ha accompagnato la mia storia vocazionale poiché è parte del Vangelo della liturgia dell’Immacolata (8 dicembre), giorno in cui ho ricevuto quasi tutti i ministeri e l’ordinazione diaconale e presbiterale. Questa Gmg mi ha dato modo di incontrare e conoscere nuove persone con cui condividere la fede. Sia a Macaracas sia a Panama l’ospitalità è stato lo sfondo delle nostre giornate. La parola di papa Francesco ci
ha invitato a sognare in grande e diventare maestri e artigiani della cultura dell’incontro, un appuntamento che si traduce in amore e ci rende fratelli, un amore che supera le differenze, anzi le armonizza in una unità superiore (cit. Benedetto XVI). Amare sullo stile di Gesù che si fa sempre servizio. Amare come Maria che con il suo esempio diventa una grande ‘influencer’ e che ci spinge all’incontro. Oggi, senza paura, con coraggio, dobbiamo essere testimoni-missionari reali e concreti di Incontro!

don Paolo Rocca

 

Gmg Panama 2019, il ritorno. Alcuni giorni prima della partenza, con qualche amico, mi sono lasciato un po’ andare e ho detto: “Non vedo l’ora di partire!”. Partire non tanto per lasciare una quotidianità, ma andare, con il desiderio di vivere la JMJ in un paese che già mi aveva fatto assaporare quanto sarebbe stato bello vivere la propria fede in quel contesto. Ritorno a casa felice, strafelice. E per chi ha addosso un carico di responsabilità  per la buona riuscita della partecipazione alla JMJ di diversi pellegrini, vi assicuro, non è sempre facile vivere pienamente e serenamente ciò che stai gestendo. Alla santa Messa finale nella parrocchia di Macaracas, dove abbiamo vissuto i giorni nelle diocesi, ho lasciato queste parole: “Mi casa es tu casa, e voi, davvero ci avete fatto sentire a casa”. Ancora oggi sento i botti, le trombe e la musica della notte dell’accoglienza e credo che difficilmente dimenticherò questo benvenuto. Ritorno con l’invito a “diventare
imprenditori della Parola di Dio: organizzatevi, iniziate a lavorarla” (monsignor Miglio al termine delle catechesi per gli italiani), a essere “maestri e artigiani della cultura dell’incontro” (papa Francesco) e all’invito instancabile che il Papa lascia a giovani: “Fatevi sentire!”. Ritorno con le orecchie sature di musica, gli occhi pieni di colore, il cuore ricco di esperienza, la mente che sogna una Chiesa più contagiosa (è il farsi sentire che diventa la sfida nel quotidiano). Ringrazio allora tutti pellegrini incontrati, in modo particolare i miei compagni lombardi di viaggio. Ciascuno di loro ha contribuito a rendermi unica, bella e significativa questa Gmg.

Luca Uberti Foppa

 

Erano le cinque del pomeriggio, e davanti a noi avevamo coppe di gelato e frullati senza lattosio. Era  il tradizionale incontro mensile di quattro pellegrine che dalla Terra Santa, un anno prima, erano tornate con la promessa di vedersi spesso e scambiarsi molto. “Ma… voi andate a Panama?”, “A Panama?!”, “Si alla Gmg: se ci iscriviamo entro fine mese risparmiamo sulla quota”, “Beh, potremmo farci un regalo, non siamo mica nell’anno dei 30?”. Venti giorno dopo ci siamo iscritte per davvero: io, forse, senza nemmeno pensare troppo a un perché. Ma, come scriveva qualcuno,
chi fa un viaggio rischia di arrivare. Ed è successo che sono davvero arrivata in un paesino in mezzo alla foresta nel sud ovest di uno Stato che non sapevo bene dove fosse collocato, accolta alle due di notte da tutti gli abitanti residenti con telefoni in play, trombe, polizia e fuochi d’artificio (letteralmente), ospitata da una maestra in una casa bucherellata per far passare il vento, senza acqua e spesso senza luce; è successo che mi hanno affidata a due adolescenti che riuscivano a capire il mio spaesamento e il mio bisogno prima ancora che provassi a gesticolare per tentare di comunicare qualcosa; abbiamo ballato e urlato durante una Messa, abbiamo fatto il bagno vestiti in un fiume, abbiamo mangiato platano raccolto dall’albero in giardino, visto il sole tramontare in cinque
minuti, pregato in adorazione con la batteria che dava il ritmo. È successo che dopo cinque ore di pullman siamo passati da case su un piano ai grattaceli della città, dall’essere scortati e accompagnati a ogni metro, a camminare per chilometri con il naso all’insù. A Panama City, abbiamo incontrato il mondo scambiando opinioni, sorrisi e braccialetti con giovani provenienti da ogni angolo della Terra; sono stata ospite di una signora proveniente dal Venezuela, proprio nei giorni in cui nel suo paese accadeva qualcosa di distruttivo. È in tutto questo che ho capito
come funziona questa cosa di potersi parlare con un’unica lingua, di sentirsi amati attraverso gli altri e di far sentire l’Amore attraverso di sé: ho ascoltato parole e Parole, e mi sono accorta che c’era più di un perché quel giorno quando sul sito della Pastorale Giovanile ho cliccato “iscriviti”. Non siamo il futuro di Dio, e nemmeno del mondo. Non siamo scelte che decidono oggi cosa iniziare domani. Siamo l’adesso della nostra vita, siamo quelli che partono senza un perché e tornano capaci di contagiare chi hanno accanto, siamo quelli che possono lanciarsi e sperimentare. Siamo quelli che sono capaci di fare sogni grandi. Perché ciò che questa Gmg mi ha insegnato è che non è sognare che aiuta a vivere: ma è vivere che deve aiutarti a sognare.

Paola Vailati

 

La Gmg di Panama è stata per me occasione per poter riscoprire la bellezza di essere figlia amata. Nel mio zaino, prima della partenza, avevo confusione, pesantezza, disordine. Ho provato  emozioni contrastanti in questo viaggio, ma tutte sono servite per farmi tornare con un bagaglio più ricco. “La mia casa è la tua casa”: è con questa frase che sono stata accolta in questa famiglia panamense a Macaracas. Mi sono stupita dell’amore gratuito che queste persone mi hanno donato, senza sapere nulla di me, della mia storia. Si sono donati come un padre e una madre fanno con una figlia. L’amore è stato il centro della nostra relazione. A Panama la presenza costante dei pellegrini, compagni di viaggio, è stato il valore aggiunto di questa esperienza. Camminare insieme, condividere la propria vita e i propri sogni hanno permesso di scoprire la bellezza di essere dono per l’altro. Il Papa ci ha invitati a vivere l’adesso di Dio, l’oggi, il presente. Guidati da Maria siamo stati chiamati a dire ‘sì’ al sogno che Dio ha seminato in noi! Io ci sto! E tu?

Roberta Cagioni

Raccolta degli articoli pubblicati sul settimanale diocesano “Il Nuovo Torrazzo”