La proposta educativa estiva degli oratori cremaschi

Nell’estate 2020, arrivata di corsa, è nato Summerlife che ha bussato alle porte delle nostre comunità non con fare massiccio e prepotente, bensì come strumento a servizio della resilienza educativa che si è attivata in forme, intensità e stili diversi. La storia poi è proseguita con quel su e giù che abbiamo imparato presto a codificare con l’impiego di colori e corrispondenti restrizioni. Ormai lontani dall’estate, il problema è tornato ad essere l’alternarsi di aperture e chiusure di Oratori, percorsi catechistici e tante altre esperienze che – lo sappiamo – non sono solo cose, strutture o scatole, ma innanzitutto esperienze, luoghi e tempi di vita in cui le parole-chiave della pastorale giovanile, come la cura e la prossimità in nome del Vangelo, trovano casa e forma familiare.

L’estate 2021 presumiamo si muoverà in un orizzonte sanitario ancora problematico. E se negli anni chiedersi il perché dell’attività estiva stava diventando sempre più centrale (per le trasformazioni degli Oratori, il sorgere di nuove questioni educative, certe fatiche che mettevano in discussione prassi e modelli), quest’anno la stessa domanda è ancora più urgente.

Sì, chiedersi il perché di una proposta estiva, ancor prima del come o del con chi è necessario. Solo se recupereremo con coraggio e serenità le motivazioni dell’educare anche nel tempo estivo, anche in questo tempo di pandemia, libereremo forza e serenità per progettare e proporre, ritrovare alleanze e reti, essere ancora una volta il volto di cura che le nostre comunità facciamo!

Lo scorso anno ci siamo chiesti in tanti se fare o non fare. La serenità era compromessa dal rischio e dalla paura e ben si sapeva che le modalità tradizionali (numeri alti, giornate infinite di apertura, gite e pernotti…) ci venivano completamente precluse. Le ragioni del non fare si rifacevano alla prudenza; quelle del fare alla necessità di esserci, in un tessuto umano profondamente ferito, con la parola della consolazione e l’entusiasmo della vicinanza, anche dietro le mascherine e dentro i piccoli gruppi. Non è stato facile, ma in molti si sono mossi, dentro quadri normativi in costante evoluzione. Per la prossima estate questa polarità torna ad interrogarci. Ma con noi giocano una esperienza già consolidata, alcune buone prassi (di metodo, di processo, più che di risultato!), un tempo di programmazione decisamente più disteso. Scegliamo nel limite del possibile di fare, cioè di esserci e di dare come comunità cristiana il nostro contributo al tempo educativo estivo!

La tentazione di rifugiarsi nei pochi, ma buoni, nell’intensivo più che nell’estensivo è forte; ed in parte comprensibile. Ma non può non suonare in noi una campanella d’allarme che richiama il carattere missionario dell’Oratorio, la sua vocazione a prendersi cura anche degli ultimi e a ragionare con cuore intelligente sulla sorte dei ragazzi e degli adolescenti. Loro, i ragazzi, anche quelli più dichiaratamente lontani e in difficoltà, in qualche modo vanno accompagnati a prendere contatto con la vita, con il servizio, con la gratuità. Con quello che per noi è esperienza di Vangelo. Non a tutti i costi, ma a costo delle nostre migliori energie. E allora proviamo ad attraversare lo spazio di questo senso, a riguadagnarne il perimetro e l’architettura, senza nasconderci le tensioni e le fatiche che lo generano nel concreto. Anzi partendo proprio da loro!